Alimenti ultra processati, rischi e verità secondo Nature

Negli ultimi anni gli alimenti ultra processati (UPF) sono diventati al centro dell’attenzione sia della ricerca scientifica sia della comunicazione sui temi della nutrizione.
La svolta risale al 2009, quando Carlos Monteiro, epidemiologo e professore di nutrizione all’Università di San Paolo, ha proposto la classificazione NOVA, basata sul grado di lavorazione industriale degli alimenti. Da allora, numerosi studi hanno associato il consumo crescente di UPF a molte malattie, tra cui diabete di tipo 2 e obesità, suscitando allarme tra i consumatori.
Tuttavia, la questione non è così lineare: molti esperti mettono in dubbio il nesso diretto tra ultra processati e salute, evidenziando limiti metodologici e differenze qualitative tra i prodotti. Questo crea confusione tra chi deve prendere decisioni sulla salute pubblica e chi, semplicemente, sceglie cosa mettere nel piatto.
Negli Stati Uniti, il tema ha assunto anche connotazioni politiche: Robert Kennedy Jr, Segretario alla Salute, ha dichiarato che gli ultra processati stanno “avvelenando gli americani” e ha annunciato ingenti investimenti in ricerca per approfondire il fenomeno.
Processare il cibo: un’abitudine antica
Molti critici della classificazione NOVA sottolineano come essa sia troppo generica: si basa esclusivamente sul grado di trasformazione industriale e non sulla qualità nutrizionale. Così nella stessa categoria finiscono alimenti molto diversi tra loro, dal pane integrale industriale, ricco di fibre, agli yogurt aromatizzati con probiotici, fino ai nugget di pollo dei fast food o alle lasagne surgelate pronte.
La lavorazione del cibo, infatti, non è affatto un fenomeno moderno. Tecniche come fermentazione, salatura, affumicatura e conservazione sotto salamoia hanno permesso di preservare gli alimenti per secoli, contribuendo all’allungamento della vita media. Gli additivi come dolcificanti e coloranti esistono da circa due secoli. Il problema moderno nasce con il processamento industriale massivo degli anni ’50, che ha portato a prodotti con caratteristiche estreme, facilitando l’osservazione di possibili effetti negativi sulla salute.
Ultra processati e salute: quali evidenze?
Uno degli studi più significativi ha seguito oltre 110.000 americani per trent’anni, rilevando che chi consumava più UPF aveva un aumento del rischio di mortalità del 4%. Tuttavia, se si considerano i valori nutrizionali dei cibi, il legame sembra meno netto. Al contrario, una metanalisi su 37 studi indica che anche considerando solo la qualità nutrizionale, il rischio resta evidente.
Samuel Dicken, dell’University College di Londra, ha condotto uno dei pochi studi controllati: partecipanti con obesità hanno seguito per due settimane due diete equivalenti dal punto di vista nutrizionale, ma una ricca di UPF e l’altra con cibi minimamente processati. Risultato? Con la dieta priva di ultra processati si sono persi due chili, contro uno solo con l’altra, suggerendo che alcuni UPF possano favorire l’aumento di peso indipendentemente dal valore nutrizionale.

Il ruolo del cervello
Studi successivi, condotti presso i National Institutes of Health da Kevin Hall, hanno mostrato che gli ultra processati stimolano il consumo involontario di calorie. Ventuno volontari sottoposti a diete diverse hanno assunto in media 500 calorie in più al giorno seguendo la dieta ricca di UPF, aumentando di quasi 1 kg in due settimane. La dieta di controllo, invece, ha portato a una perdita di peso.
Il motivo? Gli ultra processati sono spesso iperpalatabili e ad alta densità energetica, combinazioni di grassi, zuccheri, sale e additivi che rendono il cibo più “invogliante” e meno saziante, attivando anche i circuiti di ricompensa cerebrale.
Densità calorica, consistenza e intestino
Ulteriori studi hanno evidenziato come densità calorica e consistenza influenzino il consumo. Ciarán Forde, dell’Università di Wageningen, ha mostrato che la stessa quantità di patate, se servita in forma più difficile da consumare (intera o in purè), porta a un consumo calorico diverso. Inoltre, la digestione rapida dei cibi poveri di fibre influisce sul metabolismo degli zuccheri e sull’insulina, riducendo la sensazione di sazietà.
I sostenitori degli ultra processati
Non tutti gli esperti concordano sui rischi. Richard Mattes, nutrizionista dell’Università Purdue, ha analizzato 16 possibili associazioni tra UPF e malattie senza trovare prove convincenti, sottolineando che stili di vita e fattori confondenti possono spiegare molte correlazioni osservate. La definizione stessa di ultra processato rimane controversa: uno studio del 2022 ha coinvolto 150 esperti per classificare 231 prodotti, ottenendo risultati estremamente variabili.
Implicazioni e regolamentazioni
Questa incertezza ha forti implicazioni per la salute pubblica e le politiche alimentari. In America Latina, la classificazione NOVA è stata adottata ufficialmente, con regolamentazioni che obbligano a segnalare con bollini neri gli UPF più dannosi. Negli Stati Uniti, le decisioni di Robert Kennedy Jr potrebbero avere ripercussioni globali sulla ricerca e sul settore alimentare, anche se si teme un approccio ideologico, simile a quanto visto con altre campagne sanitarie.
In sintesi, mentre la ricerca conferma che alcuni ultra processati possono contribuire a obesità e diabete, resta molta incertezza su quali alimenti siano più rischiosi e in quali condizioni, sottolineando l’importanza di approcci scientifici rigorosi e non ideologici.