Fame nervosa: cos’è, perché compare e come affrontarla

Stress, solitudine, rabbia, traumi: sono molte le emozioni che possono spingere a mangiare senza avere realmente fame. La fame nervosa è una realtà diffusa e spesso sottovalutata, che contribuisce in modo significativo al sovrappeso e a un rapporto complicato con il cibo.
La testimonianza di Tiphaine: il corpo come specchio delle emozioni
“Mangiavo anche se non avevo fame. Bastava un pensiero triste o una tensione, e mi rifugiavo in un pacchetto di biscotti. Poi arrivavano vergogna e il bisogno di svuotarmi. Per anni non ho capito cosa mi stesse succedendo.”
Il racconto di Tiphaine, ex ballerina intervistata dalla rivista 60 Millions de consommateurs, è emblematico: il suo corpo è stato teatro di un dolore emotivo tradotto in anoressia, bulimia e abbuffate compulsive. Solo col tempo ha compreso che dietro quei comportamenti c’era un disagio emotivo profondo, non solo fisico.
Cibo ed emozioni: un legame naturale
“Tutti i mammiferi cercano conforto nel cibo”, spiega la psicologa Sabrina Julien-Sweerts. È vero: nutrirsi non soddisfa soltanto un bisogno fisiologico, ma anche psicologico.
Il problema nasce quando il cibo diventa l’unico strumento per gestire emozioni difficili, senza più distinguere i segnali reali di fame e sazietà.
Una ricerca dello psicologo olandese Cornelis van Strien, condotta su oltre 5.000 persone per sette anni, ha dimostrato che chi mangia per ragioni emotive tende ad aumentare di peso più degli altri. Le emozioni più coinvolte sono generalmente negative: tristezza, rabbia, solitudine, vergogna.
La psicologa Laurence Haurat osserva che la gioia “nutre” ma non innesca abbuffate. Tuttavia, anche associare il cibo ai momenti felici può rinforzare nel tempo un meccanismo disfunzionale. Uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology (2021) ha confermato che mangiare per celebrare non è di per sé un problema, ma può consolidare il legame emozione-cibo.
Stress e aumento di peso
Dal punto di vista fisiologico, il legame tra emozioni e alimentazione è chiaro: carboidrati e grassi stimolano il sistema dopaminergico, generando piacere e gratificazione. Il cervello memorizza questa risposta e la ricerca di cibo si ripete, anche senza fame reale.
Lo stress amplifica il fenomeno: stimola la produzione di cortisolo, l’ormone che aumenta l’appetito (soprattutto per alimenti calorici) e favorisce l’accumulo di grasso.
Come spiega la psichiatra Coralie Gaspard del CHRU di Nancy: “La privazione porta frustrazione, e la frustrazione porta alla compulsione”. Una spirale che nessuna dieta restrittiva può spezzare da sola.

Traumi e infanzia: le radici profonde della fame nervosa
In molti casi, la fame nervosa affonda le sue radici in traumi vissuti in passato. Presso il centro di Nancy dedicato all’obesità, l’81% dei pazienti presentava un vissuto traumatico, dalle carenze affettive agli abusi sessuali.
Il cibo diventa così una stampella emotiva, un modo per proteggersi. Anche l’educazione ricevuta da bambini gioca un ruolo decisivo: genitori troppo rigidi o troppo permissivi spesso ostacolano la capacità di distinguere la fame fisiologica da quella emotiva.
Se il cibo viene usato come premio o consolazione, aumenta il rischio di dipendenza affettiva nei confronti dell’alimentazione in età adulta.
Estate, corpo e insoddisfazione
La pressione sociale incide moltissimo. Secondo un sondaggio Ifop (2023), il 53% dei francesi – con punte del 67% tra le donne – dichiara di non sentirsi a proprio agio in costume da bagno.
Quasi il 40% prova ansia o stress all’idea di mostrarsi in spiaggia. Chi insegue il cosiddetto “summer body” è più esposto a sviluppare disturbi alimentari e disagio psicologico. Anche in Italia, ogni primavera aumentano pubblicità e diete lampo, spesso basate su integratori o restrizioni estreme che ignorano le cause emotive del sovrappeso.
L’alimentazione consapevole come alternativa alle diete drastiche
Le diete rigide raramente funzionano nel lungo periodo, perché non affrontano il cuore del problema: l’emotività legata al cibo.
Un approccio più efficace è la mindful eating o alimentazione consapevole, che invita a prestare attenzione alle sensazioni fisiche ed emotive prima, durante e dopo il pasto, senza giudicarsi.
Uno studio francese del 2024, pubblicato su Appetite, ha mostrato che questo metodo porta a una dieta qualitativamente migliore, con meno alimenti ultraprocessati e un apporto calorico più equilibrato.
Dalla colpa alla consapevolezza
Il primo passo per uscire dalla fame nervosa è riconoscere il legame tra emozioni e alimentazione. Imparare a distinguere la fame fisica da quella emotiva, accettare le proprie emozioni, trovare piaceri alternativi al cibo e ridurre il senso di colpa sono strategie fondamentali.
Anche il contesto sociale ha un peso. La ricercatrice Rebecca Puhl (Università del Connecticut) ricorda che lo stigma sul peso peggiora la situazione: il 79% delle donne in sovrappeso che subisce critiche dichiara di mangiare di più, e il 75% smette di provare a dimagrire.
Serve dunque una cultura meno giudicante e più empatica, capace di sostenere chi affronta questo percorso con rispetto e comprensione.