Quando il sale fa male e quando diventa indispensabile

Negli ultimi giorni, la notizia ha fatto il giro di media e social: Nusret Gökçe, meglio conosciuto come Salt Bae, ha aperto il suo primo ristorante in Italia, nel cuore di Brera a Milano.
L’ex macellaio turco, diventato celebre come cuoco e influencer, deve la sua fama al gesto teatrale con cui cosparge abbondanti quantità di sale sulla carne, facendolo scivolare lungo il braccio.
Un gesto spettacolare, ma anche criticato, perché contrario alle campagne globali che da anni cercano di ridurre il consumo di sale, spesso con scarsi risultati. Nonostante gli avvertimenti, nel mondo se ne consuma ancora circa il doppio rispetto ai valori raccomandati. Ma perché il sale resta così irresistibile? E soprattutto: qual è la quantità giusta?
Cosa dicono le linee guida internazionali
La BBC, con un approfondimento dedicato, ha messo in evidenza come il problema non sia solo l’eccesso, ma anche la carenza di sale. Il principio guida resta quello della “giusta misura”.
Le principali raccomandazioni:
- OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità): massimo 5 grammi di sale al giorno (pari a 2 g di sodio).
- Linee guida USA: limite a 2,3 g di sodio.
- Linee guida UK: fino a 6 g di sale al giorno.
Nella realtà, però, i consumi medi sono molto più alti: 8,4 g nel Regno Unito, 8,5 g negli Stati Uniti e addirittura 10,8 g a livello globale.
Da dove arriva tutto questo sale
Un dato spesso ignorato è che solo un quarto del sale ingerito viene aggiunto manualmente in cucina o a tavola. Il resto arriva dagli alimenti industriali e confezionati, anche insospettabili come cereali da colazione o prodotti dolciari.
Negli USA, secondo il CDC (Centers for Disease Control and Prevention), circa il 40% del sodio consumato quotidianamente proviene da pizza, burrito, hamburger e altri piatti tipici della dieta americana, quasi sempre ultraprocessati.

I rischi dell’eccesso
I danni del troppo sale sono noti da tempo:
- Un report OMS del 2002 collegava l’eccesso di sodio a ipertensione, causa del 62% degli ictus e del 49% delle patologie coronariche.
- Ogni anno almeno 1,8 milioni di morti sono attribuiti a un consumo eccessivo di sale.
- Una revisione del 2009 su 13 studi ha mostrato che 5 g in più al giorno aumentano del 17% il rischio cardiovascolare e del 25% quello di ictus.
La prova contraria arriva dagli studi di riduzione: nel Regno Unito, tra il 2003 e il 2011, un calo di 1,4 g al giorno è stato associato a una riduzione del 42% degli ictus mortali e del 40% delle malattie cardiovascolari.
Dove la riduzione ha funzionato
- Giappone: dagli anni ’60 sono partite campagne che hanno ridotto il consumo medio da 13,5 a 12 g, con una conseguente diminuzione dell’80% dei decessi per ictus.
- Finlandia: tra fine anni ’70 e 2002 si è passati da 12 a 9 g al giorno, con un calo del 75-80% delle morti cardiovascolari.

Una ricerca del 2023 ha inoltre dimostrato che una dieta povera di sale, anche solo per una settimana, può abbassare la pressione con la stessa efficacia dei farmaci.
I rischi della carenza
Se troppo sale fa male, anche quantità troppo basse possono essere pericolose. La sensibilità individuale al sodio varia in base a genetica, stile di vita, patologie, etnia e indice di massa corporea.
- Una metanalisi del 2014 ha mostrato effetti negativi al di sotto dei 5,6 g/die.
- Uno studio del 2020 ha rilevato rischi soprattutto per chi soffre di scompenso cardiaco.
Esisterebbe quindi un intervallo ottimale: ridurre sì, ma senza scendere troppo.
La soluzione: equilibrio e consapevolezza
Per i medici ed esperti la strategia vincente è duplice:
- A livello collettivo: riformulare le ricette dei prodotti industriali per ridurre il sale nascosto.
- A livello individuale: restare in una fascia media di consumo, evitando sia gli eccessi sia i tagli drastici, e seguire sempre i consigli del proprio medico.
In sintesi, il sale non va demonizzato: è indispensabile al nostro organismo, ma come insegna la tradizione latina, la vera regola è la moderazione.