Rapporto Coop 2025: fine del consumismo sfrenato e nuovi stili di vita degli italiani

Il Rapporto Coop 2025, presentato a Milano il 9 settembre, con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di NielsenIQ e i contributi di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK e Mediobanca Ufficio Studi, dipinge un’Italia e un mondo in profonda trasformazione.
In un contesto segnato dalla minaccia di conflitti e dalla crisi climatica, sembra giungere al termine l’era del consumismo sfrenato. La metà degli italiani e delle italiane considera oggi realistico il rischio di un conflitto armato che coinvolga anche il nostro Paese, mentre permangono tensioni commerciali internazionali, come i dazi introdotti dalla seconda amministrazione Trump.
Sul fronte economico, l’Italia mostra una crescita modesta: per il biennio 2025-2026, il PIL dovrebbe aumentare di appena lo 0,5% annuo, con previsioni ancora più pessimistiche per il 2026 (+0,1%). Nonostante un incremento dell’occupazione (+840mila unità) e delle ore lavorate (+2,3 miliardi), la produttività resta bassa (-1,4%) e limita la mobilità sociale.
“Il Rapporto Coop ci presenta un Paese fortemente caratterizzato da polarizzazione sociale, un dato di fatto con cui chi opera sul mercato deve inevitabilmente fare i conti”, afferma Domenico Brisigotti, direttore generale Coop Italia.
Cresce il sentimento di preoccupazione
Gli italiani mostrano una crescente preoccupazione: il timore passa dal 20% al 39%, l’inquietudine dal 24% al 37% e l’allerta dal 16% al 25%. Tra le priorità indicate emergono la pace e i diritti civili (64%), la garanzia di un lavoro dignitoso e la riduzione delle disuguaglianze (62%), e il contrasto alla povertà e alle violenze di genere (55%).
Nonostante alcune resistenze politiche e aziendali alle misure ambientali (greenlash), rimangono salde le istanze di tutela dell’ambiente e lotta ai cambiamenti climatici (54%).
Come cambia la spesa delle famiglie
La spesa delle famiglie italiane è cresciuta, ma oltre la metà è assorbita da abitazione, utenze, trasporti e cibo, mentre il risparmio continua a guidare gli acquisti (42%).
Si osserva un cambiamento delle abitudini: aumentano gli acquisti di prodotti seconda mano e vintage, persiste il trend dell’autoproduzione, cresce la riparazione di oggetti ed elettrodomestici, e si compra solo quanto strettamente necessario.

Il ritorno alla cucina casalinga
Il cibo assume un ruolo centrale: i pasti fatti in casa aumentano, a scapito della ristorazione (-2,2%), mentre la grande distribuzione registra nei primi sei mesi del 2025 una crescita del +3,8% a valore e +2% a volume. A trainare il settore sono frutta (+4,3%), verdura (+5,8%) e altri comparti del fresco.
Cibo come alleato della salute
La dieta mediterranea resta un riferimento identitario, ma cresce l’attenzione al cibo salutistico (+9,2%) e al benessere (+6,9%). Le vendite di prodotti ultra processati calano (-3,3%), mentre diminuiscono anche le vendite di vino, birra e superalcolici (-2,7%), a favore di bevande analcoliche e zero alcol (+14,8%).
Prosegue il trend verso le proteine vegetali (+20,9%), uova (+7,8%) e legumi secchi (+4,8%), mentre le vendite di carne bovina calano leggermente (-0,9%).
Quasi 16 milioni di italiani (39%) seguono una dieta, ma solo il 20% si affida a professionisti della nutrizione. Il 22% sceglie il fai-da-te, e il 10% segue indicazioni non qualificate. Questo ha favorito un aumento delle vendite di bilance (+55,6%) e di alimenti salutistici (+5,5%).
Supermercati e convenienza
Nonostante l’inflazione alimentare stabile sotto la media europea (+3,1% vs +3,3%), la scelta dei prodotti resta guidata dalla ricerca della convenienza. I supermercati crescono più dei discount (+2,7% vs +1,8%), grazie alla maggiore capacità di assorbire i rincari e all’attenzione alle promozioni e ai prodotti a marchio del distributore.
“Il Rapporto Coop ci invita a riflettere e a non perdere la rotta intrapresa – spiega Maura Latini, presidente Coop Italia – Il nostro compito è tutelare le famiglie, unendo convenienza, qualità e sicurezza. Per Coop il cibo resta un ‘Bene’ e non una semplice merce”.
Nota sull’alcol nelle bevande analcoliche
Secondo la normativa europea, una birra analcolica può contenere fino allo 0,5% di alcol in volume, mentre in Italia il limite è fino all’1,2% (Legge 16 agosto 1962, n. 1354).